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1935.
I figli della lupa
Nati nel 1935, “figli della lupa” per destino e non per scelta. Non è facile “raccontare” la storia: la si immagina appannaggio di gente pedante, propensa ad annoiare ancor più i malcapitati ascoltatori. Avvicinarsi ad un libro di storia, poi, è questione lasciata spesso e volentieri ai soli specialisti. Non è facile, d’altronde, affrontare la scrittura della storia: si rischia la banalità, oppure di essere fraintesi, di non venire compresi. A volte la strada più semplice si rivela quella giusta: lungi da voler dettare nuove teorie storiografiche Renato Sartor ha scelto di raccontare la “propria” storia, abbastanza lunga per essere degna di essere narrata, vissuta intensamente e osservata con gli occhi di chi, guardando indietro, sa di essere testimone prezioso di avvenimenti tragici, a volte comici, che hanno segnato la vita di generazioni e di popoli interi. Un gruppo di amici, uomini e donne, “coscritti del ’35”, racconta e si racconta, interpreta e si scontra, rivendica l’orgoglio delle proprie idee, con serietà ed ironia, in un incessante susseguirsi di eventi e colpi di scena. Ciò che ne esce è il ritratto vivo e vitale di una generazione che permette a tutti noi di rispolverare nozioni nascoste, di scoprire avvenimenti poco ricordati, di riflettere sulle tante tragedie italiane nel corso del XX secolo, ma anche di sorridere di fronte all’ottusità e alle magagne di un potere spesso peggiore del popolo che voleva governare.
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